Sfoggia un’avvincente gamma cromatica nella quale prevale un colore blu-cobalto di celestiale “aplomb”
Quando lo ha visto per la prima volta, per poco all’antiquario Giuseppe Visceglie non è venuto un colpo. Di primo acchito aveva pensato addirittura di trovarsi di fronte ad un’opera michelangiolesca, come il “Tondo Doni”; poi, ad uno sguardo più attento sono emersi riferimenti, sempre più chiari, alla grande pittura toscana. Una “Sacra Famiglia”, dunque, di alto lignaggio, nata però nel secolo dei Lumi, precisamente nella scia della Scuola di Sandro Botticelli. Di fronte ad un’opera del genere – che sfoggia anche una cornice coeva, tutto in legno intagliato e dorato in oro zecchino – la prima mossa dell’antiquario è stata quella di assicurarsi il dipinto in questione; dipinto che oggi possiamo ammirare, con altri oggetti del desiderio, nella sua galleria a Bari, in via Calefati, 161; e toccare anche con mano per toglierci ogni dubbio, tanta è la perfezione cromatica, che si tratti effettivamente di un olio su tela. Quanto a Sandro Botticelli, cui la “Sacra Famiglia fa riferimento, si diceva che fosse un “greco resuscitato” perché il suo pensiero vagava lontano, con tanti dubbi per il presente e tanta nostalgia della bellezza del passato. Le sue, più che Madonne, sembravano ninfe meravigliose, nei cui sguardi si coglievano l’inquietudine e la malinconia di una Firenze quattrocentesca, pregna di contrasti. C’era Lorenzo il Magnifico, un principe che amava le arti e gli artisti, la poesia e le feste, organizzava giostre di cavalieri, corse di tori per le vie, incontri nei giardini in fiore. Ne è una riprova la più celebre “stanza” di Angelo Poliziano: ” I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino di mezzo maggio in un verde giardino…” E in quel clima idilliaco prospera una nuova filosofia che cerca di unire le credenze pagane gli antichi dei con la religione cristiana: il corpo e la natura devono esistere solo per contenere un’anima divina. Solo in tal modo è possibile raggiungere la Bellezza. In virtù di tale concezione i corpi nei quadri di Botticelli si fanno sempre meno reali, e fuori dal tempo. I volti sono trasparenti ma non si riempiono di luce; preferiscono restare in penombra mentre i piedi sfiorano il terreno senza calpestarlo. Poi la svolta decisiva avviene nel 1482, quando a Firenze approda un piccolo monaco, Savonarola, che lancia tuoni e fulmini contro tutto ciò che non sia purezza. In ossequio alle sue predicazioni ornamenti muliebri carte e dadi di giocatori accaniti, liuti e libri di poesie finisco nel gran “Rogo della vanità” nel giorno del Carnevale del 1497. Sandro, e colui gli altri artisti tormentati come Michelangelo, gettano nel rogo molti di loro quadri non religiosi. Si salvano solo i dipinti che hanno per oggetto Madonna e Bambinelli, comprese le Sacre Famiglie. Come quella recuperata dall’antiquario Giuseppe Visceglie, che oggi manda suadenti richiami nella Galilea barese con i suoi avvincenti colori, tra i quali prevale blu cobalto. E la Vergine? Nonostante tutte le precauzioni dell’Autore di non cedere alle lusinghe del profano, ha lo stesso viso della Primavera! (m.v.c.)
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