Ancora un colpo grosso di Giuseppe Visceglie nel regno del passato
Forse non è di Giuseppe Maggiolini, ma certamente della sua scuola, il prezioso tavolino in noce che è approdato nella galleria antiquaria di Giuseppe Visceglie in via Calefati 161 e 167. Si tratta di un “oggetto del desiderio” di grande prestigio che nella parte centrale sfoggia un mega medaglione con una ridda di strumenti musicali che vanno dall’arpa ai flauti incrociati tutti attorniati da policromi festoni e ghirlande floreali. Anche i riquadri tondeggianti che si snodano tutti intorno sono realizzati in legno di frutto come il bosso e il pistacchio. Da quanto si è potuto apprendere il tavolino è riconducibile ad un cartone preparatorio disegnato dall’architetto Giuseppe Levati. Ricordiamo che il grande ebanista, nato nel 1738 a Parabagio, un tiro di schioppo da Milano, tra i suoi clienti annoverava principi e cardinali.
Il crescente successo però non gli diede alla testa, forse perché era arrivato al traguardo in età matura, dopo lunghi anni di gavetta. Figlio di un umile guardaboschi, il mestiere di un intarsiatore lo apprese dalla viva voce dei frati del monastero di Sant’Ambrogio, dove i suoi lo avevano sistemato nella speranza che prendesse i voti. Tra i frati del convento c’erano molti rampolli di sangue blu “sottratti alla riproduzione” per lasciare intatto il patrimonio familiare. Religiosi, dunque, colti e raffinati, ai quali il diligente frate ebanista rubò tutti i segreti dell’intarsio certosino. All’età di vent’anni la svolta decisiva. Giuseppe Maggiolini capito di non avere la vocazione per il cenobio; lasciò quindi il convento e mise su una bottega per proprio conto. Il successo arrivò nei panni dell’architetto Levati. Costui, un giorno, entrato per caso in quella bottega, rimase affascinato dalla festosa policromia degli intarsi che l’artista riusciva a realizzare con non comune maestria. Giuseppe Levati gli commissionò all’istante un canterano. E quando l’opera fu pronta mando in visibilio, per la raffinatezza del disegno e dell’esecuzione, non solo l’architetto ma anche i suoi numerosi amici disangue blu. Fioccarono così altre ordinazioni; tra i clienti primeggiava l’arciduca Ferdinando d’Austria. Quest’ultimo nonesitò a respingere i mobili realizzati da altri ebanisti. E , tra l’invidia di costoro, così si espresse sul conto dell’intarsiatore-doc, indirizzandogli una missivia personale: “Tra i vostri fiori e il fondo in cui sono incastonati si può girare intorno in carrozza!”
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